Primavera 2006
Introduzione
Questa indagine ha fornito un’analisi focalizzata sul mercato assicurativo italiano volta a comprendere lo stato dell’arte e le tendenze evolutive del performance management. In particolare ci si è posto l’obbiettivo di verificare le condizioni che hanno generato la disciplina del Corporate Performance Management e le tempistiche coinvolte.
Il target dell’indagine è stato individuato nelle 24 Compagnie assicurative che, in termini di raccolta premi, costituiscono il “middle target” assicurativo italiano. La selezione dei nominativi veniva svolta sulla base dei dati ANIA e prendeva in considerazione solo le capogruppo aventi dichiarato una raccolta premi compresa tra i 900 Mln di Euro ed i 100 Mln di Euro. Le figure destinatarie dell’intervista erano quelle dedite alla supervisione della pianificazione ed al controllo della gestione; le aziende contattate le hanno identificate a volte come il CFO (42%), a volte come il responsabile della pianificazione e del controllo (17%) ed a volte come l’Internal Auditor (8%). Pur essendo svolta in un periodo di generica indisponibilità (primi mesi dell’esercizio annuale, periodo di chiusura bilancio) il 54% delle Compagnie concedeva l’intervista. Le diverse sezioni dell’intervista affrontano gli ambiti della direzione aziendale e della pianificazione strategica, ambiti a cui gli intervistati hanno comunque saputo dare una corretta interpretazione, a conferma dell’origine endogena della disciplina CPM.
Caratteristiche azienda
In questa prima sezione si è cercato di
comprendere le tendenze della compagnia in merito alla conduzione direzionale ed
alla cultura che la supporta. Al campione intervistato è stato chiesto di
validare un modello che prevedesse la segmentazione del management in tre
livelli, “Top”, “Middle” ed “Executive”, stratificazione che è stata
riconosciuta valida dalla maggior parte degli intervistati per quanto concerne
i primi due livelli mentre ha dato luogo a qualche titubanza sull’executive
management; pur essendo sempre individuato, la perplessità nasceva sul suo effettivo
coinvolgimento nella pianificazione, dato che l’attuale procedimento per il 30%
delle compagnie non lo prevedeva.
In seguito alla domanda “La sua azienda conosce quali sono le proprie
‘portanti di valore’ (ICV)? Quali sono per ciascuno di questi ruoli?” si
ottenevano le risposte riportate in (Figura
1)
Figura 1
Emerge chiaramente come la chiave
d’interpretazione degli eventi aziendali sia differente all’interno della
piramide manageriale e si confermano alcuni rischi evidenziati dal CPM; in
assenza di metriche bilanciate si hanno diverse interpretazioni delle cause che
hanno prodotto effetti indesiderati (intesi come scostamenti dai valori previsti
dalla pianificazione strategica) e la natura delle analisi (e quindi la natura
della riflessione che guida il processo decisionale) è tattica per chi le deve
applicare, l’executive management.
La successiva domanda “Dati gli elementi che costituiscono un
sistema di Controllo di Gestione (CdG), quale Budget prevedete?” ricercava
una conferma dell’interesse a potenziare gli attuali scenari direzionali e
quindi si presentava come la ricerca dei trend
d’investimento sul controllo di gestione. Come mostrato in (Figura 2) emerge una sostanziale stagnazione sugli aspetti
organizzativi, forse anche alla luce delle infelici esperienze sui BPR e
nonostante i frenetici accorpamenti appena conclusi. Il trend è calante sugli aspetti procedurali (ad esempio sui
mansionari e sulle norme procedurali interne) ed ha una forte crescita per
quanto riguarda gli investimenti sugli asset informativi.
Figura 2
Il trend
informatico passa da un 49% degli investimenti totali previsti per questo
esercizio ad un 54% previsto per l’esercizio 2007. Le motivazioni spaziano
dall’esigenza di dotarsi delle basilari infrastrutture di supporto direzionale
(Dashboard piuttosto che Drill Down o Contabilità analitiche)
sino alla consapevole necessità di potenziare la gestione della pianificazione
ed il supporto decisionale. Questo investimento è anche visto come il volano
con cui orientare l’organizzazione a nuovi comportamenti, ritenendolo più
efficace ed efficiente rispetto ad altre iniziative. Solo una compagnia ha
dichiarato di essere dotata di un Sistema Informativo Direzionale in linea
evolutiva con quanto descritto dalla disciplina CPM.
Pianificazione operativa: declinazione pianificazione
strategica
Le
domande per conoscere le pratiche di declinazione della strategia in piani d’azione
mostravano la totale assenza di consulenza nella definizione della
pianificazione strategica e nella sua declinazione in pianificazione operativa.
In diversi casi l’eventuale consulenza era fornita dalla capogruppo straniera o
dal gruppo bancario di riferimento.
Alla domanda
“Se le impiegate, quali discipline
utilizzate per svolgere la pianificazione operativa? In che percentuale
supportano il processo di pianificazione?” emergeva (Figura
3) la diffusione sostanziale dell’approccio Budgeting,
a cui possiamo ricondurre anche le risposte “Custom” per un totale prossimo all’80% dei casi. Alcuni casi (10%
Balanced Scorecard e 10% Benchmarking) confermano la tendenza a dotarsi anche
delle discipline descritte nel CPM.
Figura 3
Come
mostrato in (Figura
4) la domanda “Quali strumenti utilizzate per svolgere la pianificazione
operativa? In che percentuale supportano il processo di pianificazione operativa?” vedeva il presidio totale di Ms
Excel, che in un caso era dichiarato “integrato”
nel sistema direzionale. Il resto del panorama strumentale era limitato a
qualche voce scarsamente impiegata rispetto alla completezza del procedimento
di pianificazione.
Figura 4
Il
CPM si propone di rispondere alle dinamiche più serrate che caratterizzano i
nuovi scenari competitivi e le domande sulle tempistiche del processo di
pianificazione possono essere interpretate come indicative della capacità
reattiva dell’organizzazione allo scatenarsi di eventi in grado di modificare
il panorama strategico. Le risposte (Figura
5) indicano che mediamente il top management partecipa
anche alla pianificazione operativa ed il suo coinvolgimento si svolge in un
arco temporale di 1,71 mesi (1,55 mesi nella pianificazione operativa). Il
middle management partecipa per 1 mese alla pianificazione strategica e svolge
la pianificazione operativa in 1,50 mesi. L’executive management solitamente
non partecipa nemmeno alla pianificazione operativa e la tempistica riportata
dall’esiguo numero di rispondenti che lo dichiaravano coinvolto è in linea (2
mesi) con le tempistiche attribuite alle altre gerarchie aziendali.
Figura 5
Il
giudizio sui processi adottati sono mostrati nelle due figure sottostanti.
Da
queste si evince una sostanziale soddisfazione sul come si svolge la
pianificazione strategica mentre il processo di pianificazione operativa si
attesta intorno alla sufficienza sia per il top management che per il middle
management, facendo trasparire la possibilità di potenziare il procedimento.
Supporto
decisionale
Le
domande rivolte agli intervistati per valutare la necessità di un maggior supporto
decisionale hanno mostrato (Figura
6) come un terzo degli intervistati (6%) segnali una
qualche necessità di supporto decisionale, citando come principale causa
l’aumentata complessità dell’arena competitiva (18%).
Figura 6
Indagando
sui meccanismi valutativi adottati dai manager per soppesare gli effetti di
eventuali modifiche alla pianificazione (indotti dalle più svariate cause) si
rileva come l’ambito della domanda abbia messo in difficoltà gli intervistati,
evidenziando un aspetto spesso non considerato (non risponde il 30%). La
maggior parte del management valuta senza un qualche supporto
dell’organizzazione gli impatti dei cambiamenti sulla propria area di
competenza (60%) mentre la valutazione degli impatti indotti dalla propria decisione
sulle altre aree di responsabilità vede un 20% di manager che non se ne
preoccupano, un 20% che le comunica, un 10% che deve informare apposite
commissioni (di vigilanza) interne ed un 20% che dichiara di fare qualcosa in
piena autonomia.
La
valutazione della comunicazione aziendale portava il 20% degli intervistati a
dichiarare che il management aziendale in seguito a modifiche della
pianificazione svolgeva una comunicazione delle proprie decisioni in modo prettamente
verticale (verso il top management ed i propri collaboratori), a fronte di un
50% che lo vedeva impegnato a svolgere attività di comunicazione anche coi
colleghi allo stesso livello della struttura organizzativa. Un preoccupante 10%
dichiarava il proprio management come isolato, non portato alla comunicazione.
Figura 7
Nei
risvolti delle risposte emergeva la predominanza di meccanismi di comunicazione
informali (comunicazione vocale) e poco informatizzati (email), privi di
monitoraggio, tracciamento o contesto comunicativo in grado di potenziare le
tempistiche informative.
Figura 8
In
(Figura
8) viene mostrata la sostanziale soddisfazione
dichiarata dagli intervistati nei confronti delle linee guida (procedurali e
strumentali) che governano il supporto decisionale all’interno
dell’organizzazione; queste attualmente non prevedono costrutti di Risk
Management ed ottimizzazione del procedimento comunicativo/informativo. È in
evidenza la maggiore adeguatezza dichiarata sugli strumenti adottati, che
paiono soddisfare quell’esigenza d’equilibrio tra efficienza e
burocratizzazione espressa più volte nel corso dell’indagine. Tale giudizio
positivo viene a cadere sulle metodologie adottate, sui criteri in base ai
quali si è impostato il disegno del sistema di supporto decisionale.
Qualità dei dati
Per
valutare la validità del supporto decisionale, in questa sezione ci si
soffermava sull’analisi della qualità delle informazioni che le supportano e
dei sistemi alimentanti. Alla domanda “Come
vi giungono le informazioni per il supporto decisionale?” un 17% dichiarava
che provenivano da estrazioni richieste all’IT, un altro 33% affermava che
erano disponibili in report precostituiti consultabili in forma cartacea o
tramite PC, un 33% che giungevano da un Mix di canali informativi o non
rispondeva (17%). Emergeva l’assenza di un canale tecnologico in grado di
permettere all’utente direzionale una consultazione interattiva (Dashboard od
interrogazioni). L’indagine sulle tempistiche riportata in (Figura 9) mostra come l’83% degli intervistati dichiara
l’interesse ad accorciare le tempistiche di reperimento e consolidamento dati,
portandole da una frequenza per lo più mensile ad una frequenza settimanale ed a volte
giornaliera. Le tempistiche riportate potevano essere molteplici a seconda che
i dati considerati fossero di natura contabile od extracontabile, di canale piuttosto
che operazionali.
Figura 9
La
loro qualità (Figura
10) è generalmente molto buona, anche se permane il
dubbio che tali voti siano focalizzati sugli ambiti economici-finanziari delle
metriche a cui questi dati sono rivolti e non considerino la loro effettiva
capacità di misurare aspetti di conduzione non ancora percepiti come necessari,
quali l’efficacia ed efficienza dei procedimenti interni (poche compagnie
dispongono del Process model ed ancora meno li misurano) e gli intangible asset allocati nelle risorse
umane e nella conoscenza distribuita. Qualche titubanza è stata espressa sui “volumi”,
con dichiarazioni che spaziano dal “troppi dati” a “dati non esaustivi”.
Figura 10
La
domanda “Se lo desiderate, dove vorreste
intervenire per migliorare la qualità?” dà luogo alla tabella
sottoriportate. Le voci più gettonate sono relative alla sorgente dei dati
(“Assenza di ripudio” e “Certezza della sorgente”) ed alla loro elaborazione
(“Essenzialità”, “Elaborazione delle informazioni”), mentre emerge come le
analisi di profondità (“Drill-down”)
siano un’assenza non giustificata.
Ambito
d’intervento |
|
Dimensioni
d’analisi. |
0% |
Assenza di
ridondanza. |
20% |
Assenza di
ripudio. |
40% |
Certezza della
sorgente. |
40% |
Automatismi. |
40% |
Processi di
raccolta. |
0% |
Essenzialità |
40% |
Elaborazione
delle informazioni. |
40% |
Tempistiche. |
40% |
Diffusione. |
20% |
Drill-down
(approfondimenti). |
60% |
Attinenza con
gli obbiettivi individuali. |
20% |
Attinenza con
gli obbiettivi dell’organizzazione. |
20% |
Interessante
notare come le dimensioni d’analisi siano dichiarate esaustive (67%).
Analogamente la storicità dei dati è adeguata, per una realtà assicurativa non
poteva essere altrimenti. I dubbi espressi sulla completezza dei dati sono
focalizzati sulle informazioni provenienti dall’arena di competizione.
Si
sono riconosciuti ampi ambiti di miglioramento sulle caratteristiche predittive
delle informazioni (50%), qualcuno dispone di informazioni derivate da calcoli
di scenari ma non di informazioni in grado di fornire trend (17%), mentre un 33% dispone di entrambe.
Processi interni
Uno
dei driver di creazione del valore evidenziato sia dalla disciplina di CPM che
da diversi analisti è il concetto di processo. In questa sezione si riportano i
risultati delle domande formulate per giungere alla comprensione dell’effettiva
consapevolezza e dell’effettivo impiego di queste leve di creazione del valore.
Alla
domanda “In azienda esiste un comune e
condiviso modello dei processi (macroprocessi)? Un Process Model?” il 78%
rispondeva negativamente, tra il 22% che ha risposto affermativamente il 67% ne
ha confermato l’attualità e l’attendibilità, mentre un 40% non è soddisfatto
del modello. Si veda (Figura
11)
Figura 11
Alla domanda “Come vengono misurati i
processi?” si ottenevano le risposte riportate nella tabella sottostante:
Come
misurate i processi? |
|
Non vengono
misurati |
63% |
ABC |
13% |
In qualche modo |
25% |
Chi li misura descrive le metriche
adottate come ispirate alle seguenti basi:
Su
quali basi? |
|
Investimento |
33% |
Rischio |
33% |
Customer
Satisfaction |
33% |
Mentre l’indagine sulle pratiche di
manutenzione dei processi aziendali mostra, nei risultati riportati nella
tabella sottostante, un 38% di manutenzione effettuata “quando ce n’è bisogno”, un altro 29% che dichiara di non coltivarli
(!) ed un 14% che sottolinea come, grazie alle direttive emanate dall’ente di
supervisione (ISVAP 577), si stia introducendo una figura (Risk Manager) che si
occuperà anche di questo.
Come
si mantengono? |
|
On demand |
38% |
Non risponde |
25% |
Non mantenuti |
29% |
Affidati al risk
manager |
14% |
Alla
domanda “Date un voto all’importanza che
attribuite alle seguenti tipologie di supporto fornibili ad un processo
decisionale” le tipologie mostrate ottenevano le valutazioni riportate in (Figura 12).
Figura 12
Emerge
come vi sia un sostanziale equilibrio tra le tipologie di supporto che sono
reputate necessarie per realizzare un efficace procedimento decisionale,
confermando in tal modo le linee guida individuate dal Corporate Performance Management.
Misurazione
performances
“Non si può gestire ciò che non si può
misurare”, partendo da questo assunto tutte le aziende si sono dotate di
metriche con cui misurare le proprie performances. La disciplina di CPM
introduce una pratica di modellazione delle misure aziendali che ne completa
gli ambiti considerati e ne potenzia le capacità di monitoraggio. In questa
sezione si analizza lo stato dell’arte e la consapevolezza delle prospettive di
sviluppo delle metriche presenti in azienda. L’origine delle metriche è
risultata essere “Custom” per due terzi degli intervistati (70%), la consulenza
è sporadica e limitata.
Figura 13
Nel
40% dei casi il giudizio sulla metrica presente è severo, se a questo si somma
un 20% di dichiarazioni titubanti si desume che oltre la metà degli
intervistati la dichiarava “debole” e comunque poco adeguata al supporto
decisionale
Figura 14
Le
motivazioni di questa insoddisfazione possono essere ricercate nelle risposte
mostrate nel grafico di (Figura
15) dove un 40% degli intervistati dichiarava di
disporre di una metrica non collegata alla strategia e quindi impossibilitata
nel fornire direttamente misure della conduzione aziendale che ne rilevasse
l’attinenza agli obbiettivi strategici. Viceversa quest’esigenza era reale,
sentita e svolta empiricamente dal management.
Figura 15
Quanto
questa metrica fosse “poco strategica” lo mostrano anche i risultati delle
domanda “In che tempistiche si ha
l'adeguamento delle metriche al manifestarsi della mutazione del contesto
strategico?”, riportati in (Figura
16).
Figura 16
I
pochi hanno saputo rispondere alla domanda si suddividono equamente tra chi le
reputa più che adeguate, chi le reputa accettabili e chi lente, quest’ambiguità
è ininfluente rispetto al 44% di chi non ha saputo fornire risposte ed il 22%
di chi dichiara di non utilizzare indicatori nel costruire la propria metrica,
facendo intendere l’impiego di risorse umane dedicate ad un’analisi dei fattori
aziendali.
Strumenti e tecnologie
In
questa sezione si cerca di individuare le discipline direzionali adottate dalle
Compagnie e gli strumenti che ne supportano l’impiego. Come si evince dalla
tabella sottostante, i rispondenti si sono mostrati ferrati (e non poteva
essere altrimenti) sugli aspetti procedurali e sulle discipline (il 73% era in
grado di individuare quelle adottate nell’elenco mostratogli). Molto inferiore
è la percentuale di coloro che hanno saputo rispondere a domande inerenti
l’evoluzione architetturale (il 9%) e, sorprendentemente, altrettanto scarso è
la percentuale di coloro che sanno fornire un gradimento “puntuale”
sull’utilizzo di ciascuna metodologia. Viceversa la bassa percentuale (18%) di
rispondenti a domande relative alla domanda “Percentuale d’impiego sull’intero ciclo di
gestione delle performance di compagnia” è riconducibile alla complessità
dell’interrogazione, la cui analisi nella maggior parte dei casi non è supportata
da meccanismi come l’ABC (adottato solo dal 13% delle Compagnie) o da metriche
sui processi.
|
Plan-ning |
Budget |
KPI |
Risk Asses-sment |
ABC |
Predictive forecasting |
Balanced Scorecard |
Optimi-zation |
Agents (trigger ed alert proattivi) |
Rispon |
Adottato |
63% |
88% |
75% |
50% |
13% |
38% |
14% |
14% |
14% |
73% |
Non |
38% |
13% |
25% |
50% |
88% |
63% |
86% |
86% |
86% |
73% |
Non risponde |
0% |
0% |
0% |
0% |
0% |
0% |
0% |
0% |
0% |
73% |
% di |
35% |
40% |
15% |
3% |
0% |
5% |
0% |
3% |
0% |
18% |
Soddisfa-zione |
60% |
70% |
70% |
40% |
0% |
70% |
0% |
70% |
0% |
9% |
Necessita d’evolu-zione |
Si |
Si |
Si |
Si |
No |
Si |
No |
Si |
No |
9% |
Dalla
tabella possiamo estrapolare ed evidenziare le discipline adottate dalle Compagnie
assicurative nel declinare la pianificazione strategica. Il grafico riportato
in (Figura
17) mostra come il Budgeting
sia la disciplina più perseguita, adottata dall’88% delle Compagnie
assicurative, seguito dall’impiego di Key
Performance Indicator (75%) e dal Planning
(63%).
Le
restanti discipline sono poco perseguite; si affacciano sullo scenario
direzionale la Balanced Scorecard e costrutti
logici come gli Alerts (ad oggi
affidati ai meccanismi offerti dalle piattaforme ERP o dai prodotti di Database), entrambe con l’obbiettivo di
introdurre meccanismi in grado di anticipare il momento direttivo, l’intervento
del management. Una particolare attenzione viene segnalata relativamente alle
potenzialità di esplicare l’effetto strategico prodotto da una causa operativa,
potenzialità propria della disciplina di Scorecarding.
Segnaliamo
le emergenti pratiche di Risk Management
(il 50% delle Compagnie dichiara di adottarle), fortemente indotte
dall’istituzione vigilante, l’ISVAP, tramite la direttiva 577.
Figura 17
Pur
mantenendo le dovute riserve per l’esigua percentuale dei rispondenti, è
interessante riportare tramite il grafico in (Figura
18) il trend
che gli intervistati attribuiscono ai procedimenti di pianificazione adottati.
Figura 18
L’anello
interno rappresenta le risposte alla domanda “Esprima il grado di soddisfazione nell’utilizzo di queste discipline”.
Le discipline sono tendenzialmente reputate tutte ampiamente soddisfacenti,
tranne il Risk Management. Per
ciascuna di loro l’anello esterno illustra le risposte alla domanda “Necessitano di evoluzione?”; emerge come,
pur essendo soddisfatti di tutte le discipline adottate, i responsabili della
pianificazione e del controllo reputano vi sia la necessità di farle evolvere.
Che siano alla ricerca di un sistema che le armonizzi e le renda cooperanti?
In
(Figura
19) si mostrano gli strumenti utilizzati per asservire
le discipline adottate.
Figura 19
Ms
Excel è lo strumento adottato da tutte le Compagnie, ampiamente distaccati
risultano i prodotti di Business intelligence mentre le restanti voci sono
episodi sporadici (ERP ed altri prodotti commerciali). Significativa è la
concentrazione delle soluzioni “Custom” (29%) sul Risk assessment , indice di una disciplina recente e non ancora
esaustivamente coperta da prodotti di terze parti.
Business Intelligence
Tra
gli addetti ai lavori le soluzioni di CPM sono sovente equiparate alle
soluzioni di BI, mentre dall’indagine di mercato l’interpretazione ne risulta
ridimensionata; i prodotti di BI non sono visti come prodotti di Performance Management, bensì come
prodotti di supporto decisionale (DSS) e nella maggior parte dei casi, come
prodotti per introdurre il “Drill-down”
e la multidimensionalità sulle informazioni. Il 50% degli intervistati
dichiarava di utilizzare prodotti di BI in compagnia a fronte di un 50% che
negava il loro impiego; non vi erano risposte incerte, a conferma della notorietà
della tecnologia.
In
(Figura
20) si riporta l’ambito d’impiego del prodotto di BI.
Qui la fermezza della risposta vacillava (un 50% non sapeva rispondere) ma un
38% ne dichiarava comunque un utilizzo “puntuale”, su specifici ambiti
operazionali e non volto al governo della compagnia.
Figura 20
Il
dettaglio della risposta è mostrato in (Figura
21), dove viene chiesto a chi ha risposto alla
precedente interrogazione di definire lo stile col quale il prodotto di BI era
adottato in compagnia, quale finalità asserviva. Il 90% delle risposte ribadiva
un impiego per finalità di reportistica e solo un 10% lo utilizzava per analisi
specifiche.
Figura 21
ERP
Le
piattaforme di Enterprise Resource
Planning (ERP) non sono adottate nella loro pienezza operativa da tutte le Compagnie;
il 25% degli intervistati dichiarava di non disporre di una piattaforma di ERP
che fungesse da collettore dei dati operativi. Come mostrato in (Figura 22) un altro 25% affermava che, pur disponendo di una
piattaforma ERP, non la investiva del compito di raccogliere le informazioni
sull’operatività della compagnia (alcuni adottavano un sistema Legacy per far questo, tipicamente le
realtà Bancassurance). Una buona metà
degli intervistati confermava questo presupposto architetturale anche se
scendeva al 40% la percentuale di chi dichiarava di utilizzarlo per svolgere il
controllo di gestione.
Significativo
(in linea coi trend d’investimento
riportati nella prima sezione di questa indagine) è la percentuale di chi
prevede di investire su un’estensione del sistema di ERP; i due terzi degli
intervistati rispondono positivamente alla domanda “Prevedete di estendere la piattaforma di ERP?”.
Figura 22
Le
domande precedenti sortivano l’effetto di focalizzare l’architettura dei
sistemi aziendali e preparavano l’intervistato alla domanda “Sopra l’ERP collochereste un Sistema
Informativo Direzionale per supportare meglio la pianificazione operativa
ed un controllo di gestione avanzato?”. La risposta era decisa e nel 63%
dei casi positiva. Nessun rispondente forniva una risposta negativa mentre un
38% non esprimeva un’opinione.
Iniziative
e progetti di miglioramento
L’ultima
sezione affronta l’elemento più innovativo della proposta CPM, il portafoglio
delle iniziative di miglioramento, la sua definizione e la sua gestione. Le
domande sottoposte agli intervistati erano volte a comprendere gli attuali
meccanismi adottati e le modalità e la qualità di conduzione delle iniziative
di sviluppo (Improvement Portfolio Development
o IPD) a livello direzionale. In particolare il CPM introduce la
misurabilità delle iniziative rispetto alla loro attinenza con gli obbiettivi
strategici ed è su quest’aspetto che le domande hanno approfondito la tematica.
Una
breve introduzione volta ad illustrare il concetto di IPD permetteva di porre
la prima domanda “Esiste il concetto di ‘portafoglio
d’iniziative di miglioramento (iniziative o progetti)? Potete darne una
descrizione?”. Le risposte, nella quasi totalità dei rispondenti, erano
negative, si veda (Figura
23).
Figura 23
Un
approfondimento metteva in luce la consapevolezza dell’argomento nella maggior
parte degli intervistati e la risposta negativa veniva attribuita al resto del
management, reputato non conscio della problematica. L’esigua percentuale di
chi rispondeva positivamente era riconducibile a realtà strutturali semplici e
numericamente limitate, in cui il management condivideva una gestione molto accentrata,
affidata al responsabile della pianificazione (l’intervistato). Le poche
risposte positive, ad un primo approfondimento, riconducevano il concetto di
IPD a pratiche più orientate al project
management (SAL, misure di Effort) che alla misura del contributo
strategico delle iniziative. Nessuno degli intervistati forniva comunque una
descrizione, condividevano la descrizione offerta.
Alla
luce di queste risposte la seconda domanda “Con
esso ‘Prioritizzate’ le iniziative? Ossia l’individuazione di una lista
ordinata in base alla quale scegliere quali attivare? Le procedure decisionali
prevedono una lista ed una “prioritizzazione” delle iniziative? Queste sono
sempre ‘oggettive’, ossia le migliori per la strategia” non risulta
sufficientemente sostenuta; a titolo di cronaca riportiamo che i rispondenti
non individuavano comunque liste di iniziative/progetti interni definiti a
valle della pianificazione operativa e che fossero poi soggetti ad un processo
decisionale che coinvolgesse la direzione o che in un qualche modo valutasse la
loro capacità di supportare gli obbiettivi strategici. Alcuni intervistati
affermavano che tale costrutto era empiricamente adottato (22%) per misurare
oggettivamente le iniziative, ed altri ne condividevano l’utilità, ma lo
dichiaravano prematuro (11%).
Quindi
anche la domanda “Con esso ‘Misurate’
l’attinenza strategica delle iniziative?” non trova significative risposte,
lasciando chiaramente intendere che l’azione non è svolta. Un’osservazione
sull’interesse meritato dal costrutto fa emergere una sostanziale differenza
tra la consapevolezza, le pratiche delle realtà aziendali ed i desiderata di
chi ha la responsabilità della pianificazione e controllo; questi desiderata,
nel pensiero dei responsabili di pianificazione e controllo, trovano un’opportunità
di introduzione grazie agli asset informativi, su cui i trend di investimento si focalizzano e che sono visti come una
delle opportunità di introduzione di migliori pratiche e procedure
Interessante
è soffermarsi su una considerazione emersa nel corso dell’indagine e che
portava gli interlocutori ad una interessata riflessione in grado di far emergere
la domanda di un costrutto per il governo strategico delle iniziative
aziendali. Inoltre, come illustra la (Figura
24), questa risposta trova sostegno nelle mutate
tempistiche dell’arena competitiva, che si sono assottigliate (la maggior parte
degli intervistati concorda su una pianificazione strategica inferiore ai tre
anni) e nell’osservare come per un terzo degli intervistati (63%) le iniziative
superino, per durata, quella d’esercizio.
Figura 24
Questo
induce alla riflessione, condivisa dagli intervistati, che se lo scenario
competitivo a cui si riferisce la nuova pianificazione strategica è decisamente
mutato rispetto a quello in cui è stata definita l’iniziativa in corso, le sue
finalità potrebbero non essere più focalizzate verso il raggiungimento degli
obbiettivi strategici; sarebbe gradito il poter disporre di una misura di
questo aspetto.
Fantuzzi Nestore Paolo
Indagine condotta tra Febbraio e Maggio 2006